La tradizione delle opere di Gioacchino da Fiore nei mss. della Biblioteca Antoniana, attestata da due codici - il ms. 322 (un'importante antologia di testi) e il ms. 328 (che riporta la "Concordia") -, è un esempio significativo di come le opere dell'abate calabrese furono accolte nelle biblioteche degli "studia" francescani. Passata infatti l'ondata di accese battaglie di stampo politico e di affermazione del proprio ruolo nella Chiesa, in cui le opere autentiche e spurie dell'abate giocarono un ruolo notevole (per quanto solo in circoli ristretti o per singoli frati), durante il XIV secolo, negli "studia" francescani, Gioacchino è recepito non tanto come il profeta, annunciatore dell'avvento dei nuovi ordini mendicanti, ma come l'esegeta e il teologo. Non traspare peraltro che i suoi scritti fossero letti e studiati tra i frati del Santo.